A Carema diventa quasi impossibile non camminare tra le vigne, perché queste sono talmente parte dell’ecosistema naturale e umano da essere diventate via via un elemento del paesaggio urbano: si fondono con i cortili, le case e le strade e i filari diventano sentieri impiegati anche come vere e proprie scorciatoie. Uno spaccato di viticoltura antica, di un mondo improntato sulla cultura della vite, a due passi dalla Valle d’Aosta pur essendo ancora parte – almeno dal punto di vista amministrativo – del Piemonte.
Percorrere il “Sentiero dei vigneti” è il modo migliore per entrare nel mondo del Carema, sfruttando un itinerario adatto a tutti, ben segnalato e ricco di punti panoramici che si aprono tra le terrazze coperte dalla topie. Una volta lasciata l’automobile in via Torino (accanto al centro sportivo ci sono diversi parcheggi), camminando verso Pont-Saint-Martin, si raggiunge l’imbocco del sentiero situato poco prima della stazione di servizio, praticamente sul confine con la Valle d’Aosta.
Il primo tratto sale leggermente rasentando un imponente muro di pietra. Dopo alcune curve e saliti alcuni scalini di roccia, si supera una biforcazione dirigendosi verso destra per arrivare alla cappella di San Rocco che offre una magnifica vista su Carema e sui vigneti che circondano l’abitato. Il sentiero prosegue ancora fino a una strada interpoderale che costeggia i vigneti. Lo sguardo a quel punto si può sollevare fino alle antiche vigne arroccate sulla montagna e alla moderna monorotaia che collega le abitazioni ai vigneti più elevati. La strada arriva fino alla località Foriana, si percorre via Roma con la fontana raffigurante il sole per poi raggiungere la Casa della Musica segno di una passione che qui coinvolge tutti i cittadini e che consente di avere ancora una Banda Municipale.
La fontana dei viandanti
Quando via Roma incrocia via Basilia si può ammirare un altro gioiello nascosto di Carema, la fontana in granito di fine Cinquecento con l’iscrizione in latino che recita: “Si quis sitit, veniat ad me e bibat” (se qualcuno ha sete venga da me e beva), un cordiale invito ai viandanti che percorrevano queste strade. Una testimonianza della storia di questo borgo che per secoli è stato frontiera con la Gallia e, nel Medioevo, importante tappa lungo la via Francigena che tuttora l’attraversa. Una storia che si conserva nel nome (Carema potrebbe derivare infatti da “cameram”, cioè dogana), nel dialetto che è vera e propria lingua con influenze che spaziano dal Franco Provenzale al Catalano e nelle vicende di questo Nebbiolo capace – nonostante la produzione da sempre esigua – di arrivare sulle tavole dei Papi.
L’architettura topiaria
Non si parla semplicemente di sistemi di allevamento del vigneto o di pergolati perché le topie sono molto di più: un elemento del paesaggio, un accumulatore di energia, un’architettura che viene mantenuta costantemente nel corso del tempo attraverso tecniche che si tramandano tra le generazioni. Elemento portante di questa trabeazione sono i pilun edificati sulle terrazze coltivate. Si tratta di colonne tronco coniche in pietra e calce sormontate da un disco sempre di pietra o da una sorta di capitello con una incisione centrale utile per appoggiare la trave portante.
Dietro i pilun sono disposte due o tre file di pali di legno (solitamente castagno) che formano le campate di appoggio delle pergole dove si alleva la vite. Pali e travi sono stati lavorati (e lo sono tuttora) direttamente dai vignaioli che levigano il legno e legano manualmente le pergole. Allo stesso modo chi possiede i terreni si occupa della manutenzione o, nei casi più difficili, della ricostruzione dei muretti a secco che sostengono le terrazze, collegate tra loro da un dedalo di scale e gradini a sbalzo incassati nei muri, mentre il deflusso delle acque è costituito da piccole condotte scavate nella roccia.
La vite viene allevata in modo tale che il fusto sia alto quanto la pergola per poi allargarsi sulla stessa. Questo per permettere la massima esposizione possibile in spazi molto ristretti e difficili da coltivare (a Carema le vigne si misurano in metri quadri non in ettari).
Il pilun ha però un’altra importante funzione: di giorno accumula il calore che poi disperde durante la notte creando un clima maggiormente propizio per la vite a queste altezze.
La casaforte e la via francigena
Il percorso prosegue poi verso il centro, per arrivare a scoprire in via San Matteo lo splendido campanile in pietra della parrocchiale e la fontana di San Matteo ancor più antica della precedente (data 1460) fino alla Capella della Confraternita del Santo Sacramento con le decorazioni tipiche del Medioevo valdostano.
Il vino vi attende poco più in là, nella splendida casaforte nota come Gran Masun, oggi riaperta al pubblico dopo un lungo restauro: una sala unica dove si può visitare il museo interattivo dedicato proprio al Carema e alle sue vicende che per molto tempo hanno coinciso con quelle del paese stesso.
Qui la strada principale lascia spazio a una strada interpoderale che conduce in regione Vallo. Tutt’intorno sono protagoniste le topie che disegnano il paesaggio e lasciano indovinare l’antico tratto della via Francigena che si incrocia ufficialmente in prossimità della Cappella Siei dedicata a San Grato.
La conca vitata
La Cappella Siei segna anche il punto più alto del percorso che a questo punto dà il via ad una lenta discesa in direzione della località Piole. La stradina diventa ancor più ripida, ma sentirete il passo rallentare anche perché, da qui, è possibile cogliere la conca vitata in tutta la sua bellezza: i terrazzamenti che arrivano fino al paese, le topie che cambiano aspetto e colore nello scorrere delle stagioni, l’abitato in pietra. Al secondo bivio si svolta a sinistra per imboccare un sentiero, fiancheggiato dai pilun, che vanno a formare quasi un colonnato di viti. È l’ultimo tratto di questo itinerario che evoca la Carema di prima del motore quando gran parte delle strade passavano sotto le topie. Ancora poche centinaia di metri per giungere alla statale quasi in prossimità della Cantina Produttori Nebbiolo di Carema che dal 1960 riunisce la maggior parte dei piccoli viticoltori locali. Chi ha qualche filare come chi cura anche oltre un ettaro topiato, seguendo le indicazioni del disciplinare, può coltivare il Nebbiolo di Carema e conferirlo alla cooperativa.
Un lavoro che ha un obiettivo probabilmente ancor più importante del vino stesso: preservare un paesaggio che necessita di un continuo e costante intervento per non essere perso per sempre. Attualmente l’età media dei soci è poco più di cinquant’anni: ad abbassarla contribuiscono i diversi giovani, a cominciare dal presidente Matteo Bosonetto, che hanno capito come il vino e Carema stessa non esisterebbero senza le pergole, le topie, i terrazzamenti e un sistema di conoscenze che si tramanda e si costruisce generazione dopo generazione.
Camminare il Carema è attraversare un museo di cultura materiale vivente costituito da trenta ettari di vigneti e circa settecento abitanti vignaioli.
Una giornata di cammino
Lunghezza: 3,8 km.
Mezzi pubblici: Carema non ha una propria stazione ferroviaria; il percorso più semplice è arrivare alla stazione di Ivrea prendere il treno locale per Aosta e quindi scendere a Pont S. Martin.
Inoltre è servita dai pullman della linea 265 (Torino – Chivasso – Ivrea-Pont S. Martin) del consorzio Extra.To. Comoda la collocazione autostradale (A5) con uscita al casello di Quincinetto e poi procedere in direzione Aosta sulla strada statale n. 26.
Dove mangiare: percorrendo via Torino dove si trova il parcheggio consigliato per l’auto si incontra l’ottima Trattoria Ramo Verde (Via Torino, 42 – tel. 0125 811327) per un pasto completo mentre, per una colazione dolce, sosta imperdibile alla Pasticceria Baraggia (via Torino, 4 – tel. 0125 804904).
Dove dormire: a Pont Saint Martin, B&B Mandouè.
Da vedere: Gran Masun con all’interno il museo interattivo dedicato a Carema e alle sue vigne. Il sito museale è aperto dal 02/07/2023 al 15/10/2023. Domenica con orario 10.00-12.00 e 15.00-18.00.