C’era una volta e ci sarà anche domani e dopodomani, la Radio. La TV non l’ha ammazzata e nemmeno Internet è riuscito a cancellare la sua anima ribelle.
Lo sa bene Massimo Cotto, Classe 1962, astigiano Doc, autore radiofonico, direttore artistico di tanti festival musicali, romanziere, scrittore e giornalista specializzato in musica, dj e voce delle maggiori radio italiane, dalla Rai a Virgin Radio, l’emittente per cui lavora oggi diffondendo il “verbo del Rock”, quello che con la “R” maiuscola che tanto con la minuscola proprio non c’è.
Parlare con Cotto è un viaggio bellissimo e mai scontato. Leggiamo dalla sua biografia che ha lavorato a lungo nei quotidiani e per le principali rivi ste italiane (Espresso, Epoca, Europeo, Max…) e internazionali (Billboard, Howl!). Per vent’anni ha lavorato in Rai come conduttore di programmi radiofonici e televisivi e autore di numerosi programmi (Festival di Sanremo, Festival di Castrocaro). Tra i suoi lavori teatrali: “All’ombra dell’ultimo sole” sul mondo di Fabrizio De André e “Da quando a ora in scena”, con l’indimenticabile Giorgio Faletti. È direttore artistico del Festival di Castrocaro, del Premio De Andrè, di Astimusica, di Visionaria. Ha scritto libri su Leonard Cohen, We Will Rock You, Il grande libro del rock (e non solo), Le lacrime di Marley, Everybody’s Talking.
L’incontro con Barolo & Co
L’intervista per Barolo & Co comincia con cose strettamente focalizzate: il lavoro, la vita, gli incontri, i vini preferiti; finendo, inevitabilmente, a toccare temi solo in apparenza più lievi: la musica, la scrittura, la bellezza e la fatica di raccontare storie, il mestiere più bello del mondo (il giornalista) sempre più difficile da fare.
Gli aneddoti non mancano per uno come Cotto che ha intervistato moltissime star della musica internazionale (ha incontrato nove volte David Bowie: “Quando arrivava, spostava l’aria tanto carisma aveva”) e miti italiani, da Zucchero a Ligabue, da Morgan a Enrico Ruggeri.
Dunque il vino per un astigiano non dovrebbe essere un problema, o quasi. Racconta: “Fino a 26 anni ero astemio. Poi sono partito per il servizio militare nei Vigili del Fuoco. Il primo gior no di caserma, a pranzo, i colleghi veterani mi hanno preso da parte e subito chiarito che l’acqua serviva a spegnere gli incendi. Sul tavolo sono comparse un po’ di bottiglie di vino. È stato il mio battesimo eroico”.
Cotto ci tiene a ribadire che il consumo di vino deve essere consapevole e moderato, “Lo si assapora molto meglio” conferma e indica i suoi vini preferiti: “tra i rossi le tre “B”, Barbera d’Asti, Barolo e Barbaresco. Tra i bianchi il Roero Arneis. Come astigiano ovviamente brindo anche con l’Asti Spumante e il Moscato d’Asti”. E i vini fuori regione? Non può mancare l’aneddoto: “Ero a una cena con Zucchero. Mi proposero di assaggiare un Lambrusco. Feci qualche sciocca battuta sul vinello frizzantino da balera. Poi lo assaggiai. Altro che vinello. Era un vino da urlo. Un grande rosso italiano”.

Il potere conviviale del vino
E il potere conviviale del vino che avvicina esiste o è solo leggenda o, peggio, è solo marketing? “Esiste, esiste” afferma Cotto che racconta: “Anni fa in Rai stavo organizzando il concerto di Tori Amos, un’autrice e compositrice, statunitense, musicista virtuosissima, ma con un carattere spigoloso e che non era per nulla incline a essere amichevole né con me né con lo staff che doveva organizzare la sua performance. Chiusa in camerino l’artista, prima di esibirsi, chiese che sul palco fossero portate un centinaio di bottigliette d’acqua perché, mi spiegarono, era fortemente igienista e durante i concerti era abituata a bere un solo un sorso per bottiglia. Davanti al mio sbigottimento il suo impresario mi confidò la passione della Amos per i vini italiani, in particolare per il Barolo. In pochi minuti mi presentai al suo camerino con in mano due calici e una bottiglia del più costoso Barolo che trovai a Roma. Le dissi: “Tori, non parliamo più del concerto, gustiamoci questo vino”. Le si illuminarono gli occhi e il concerto andò super bene. Il potere del vino esiste eccome”.
Poi le chiacchiere virano sui progetti editoriali. Il romanzo giallo, “Il re della memoria” (Gallucci editore) che ha vinto il Premio Selezione Bancarella per poi arrivare secondo al Premio Bancarella. “Non c’è musica nel romanzo – precisa Cotto –. È una storia che avevo nel cassetto da almeno vent’anni. Poi l’editore mi ha proposto un giallo per una nuova collana e io l’ho tirato fuori”. Poi c’è il libro presentato a fine estate 2023 e scritto a quattro mani con Mauro Repetto, ex componente del famoso gruppo musicale 883, dal titolo: “Non ho ucciso l’Uomo Ragno”, citazione di uno dei brani più iconici del gruppo (“Hanno ucciso l’uomo ragno”) uscito a fine estate per Mondadori. E poi c’è un libro in scrittura sul rock spiegato ai giovani, anzi il titolo provvisorio dovrebbe proprio essere “Il rock spiegato a mio figlio”. “Da tempo avevo in mente questo libro – dice Cotto –. Mi intrigava poter scrivere qualcosa che avvicinasse le nuove generazioni alla musica dei classici del rock, che potesse raccontare cosa erano e cosa sono ancora i grandi autori e interpreti di quella musica”.
E non manca neppure il rapporto con il territorio. Dice Cotto: “In Piemonte, come in altre parti d’Italia, sono direttore artistico di alcuni festival musicali. Alcuni si svolgono proprio al centro di zone a fortissima produzione vinicola. Mi è capitato proprio quest’estate di dirigere il Festival di Ricaldone, sulle colline del Monferrato al confine con l’Astigiano. Il festival è dedicato a Luigi Tenco, che nacque in quella zona e riposa nel cimitero del paese, e si svolge all’interno di una Cantina vinicola. Un luogo affascinante per me e per gli artisti ospiti invitati. Molti rimangono affascinati dai posti e dai vini. Morgan, ad esempio, quest’anno a Ricaldone ha confessato sul palco il suo amore incondizionato e inossidabile al Moscato d’Asti. Non male”.
Questo articolo è presente nel quarto numero di Barolo & Co. pubblicato il 20 novembre 2023.















