Come estremo lembo orientale del Piemonte, i Colli Tortonesi stanno divenendo un territorio d’interesse accanto ad altri già affermati. La storia ha lasciato segni importanti, ma non mancano i sogni e i progetti futuri. Sono quattro i vitigni identitari: Barbera, Timorasso, Cortese e Croatina. E poi ci sono le Sottozone (Monleale, Terre di Libarna e il futuro Derthona), carte vincenti in un mercato sempre più esigente.
I Colli Tortonesi, con capofila la città di Tortona, sono il collegamento tra il Piemonte collinare e le terre più morbide che seguono il corso del Po, la Lomellina, la Pianura Padana e le altre terre collinari dell’Oltrepò Pavese e del Piacentino. A sud li circonda l’Appennino Ligure, con il monte Giarolo che segna il punto d’incontro di tre regioni, oltre al Piemonte, Lombardia, Liguria ed Emilia.
Qui, a proposito della vite e del vino le radici storiche non mancano, così come le citazioni di un passato luminoso. Come il riferimento rintracciato su un opuscolo di Renato Ratti dedicato alle Barbere piemontesi: “Sante Lancerio, descrivendo l’itinerario di Papa Paolo III Farnese verso la Provenza nel 1536 scrive: <…la mattina andò (il Papa) a pranzo a Tortona, che fa vino unico. Dove qui il Rev. Cardinale Gambera, Vescovo di questa città, fece un bellissimo preparamento di buoni vini…>”.
Quando per il popolo italiano l’agricoltura e la vitivinicoltura erano settori essenziali, i Colli Tortonesi erano protagonisti di uno sviluppo ordinato e condiviso. Poi, gli anni del secondo dopoguerra, con lo sviluppo industriale e la riorganizzazione della società italiana, hanno portato anche su queste colline un graduale impoverimento del settore primario, dei suoi interpreti e della sua centralità rispetto allo sviluppo della società.
Tutto ciò è capitato seppure la realtà produttiva disponesse di strumenti efficaci per la tipologia e i caratteri dei vini prodotti. Interessante al riguardo è un inciso rintracciato nel “Manualetto popolare del viticultore” dedicato nel 1898 specialmente ai viticoltori dei Colli Tortonesi da Luigi Cataldi. Nel capitolo “Scelta dei vitigni da piantare” l’autore scrive: ”…
Per noi il re dei vitigni è il noto Barbera. È vero che la sua uva matura molto tardi e che, se corrono tempi piovosi all’epoca della vendemmia, ne può marcire una parte; è vero che soffre assai la peronospora; ma in compenso, quale feracità, quale robustezza e che vino prezioso che produce! Il vino Barbera del Tortonese possiede caratteri diversi da quello dell’Astigiano, ma invecchiando di tre o quattro anni piglia una fragranza, un bouquet finissimo di Bordò che forse l’altro non acquista”.
I riferimenti del primo Novecento
Nell’approfondire l’evoluzione del settore vitivinicolo nel Tortonese ci pare interessante il riferimento a inizio Novecento alla provincia di Alessandria, che allora includeva anche i territori astigiani, formando una grande realtà vocata alla coltivazione della vite e produzione del vino.
Nella sua “Guida vinicola illustrata della provincia di Alessandria” del 1911 Arnaldo Strucchi definiva in modo efficace questo territorio come spazio dove “la vite siede regina”.
Due dati sono significativi: la superficie vitata occupava 170.000 ettari, un terzo dell’intera area provinciale. Di questo ampio patrimonio vitato 32.366 ettari erano attribuiti alla “viticoltura specializzata”, mentre il resto apparteneva a quella promiscua.
Nell’ambito della superficie vitata alessandrino, le zone più intensamente vitate appartenevano ai circondari di Acqui Terme, Asti e Casale Monferrato, mentre in quelli di Alessandria, Tortona e Novi Ligure il vigneto era meno diffuso.
La stessa Guida ci dà notizie anche sul vino prodotto: globalmente 4.483.436 ettolitri, con 1.230.750 ettolitri di “vini tipici” e 2.432.611 di “vini da pasto”.
Per capire quanta produzione vinicola appartenesse all’area tortonese abbiamo consultato l’Annuario Vinicolo del Piemonte (1913) della Fratelli Marescalchi di Casale Monferrato, che richiama più volte il lavoro di Arnaldo Strucchi. Nell’introduzione al Circondario di Tortona, Arturo Marescalchi indica in circa 540.000 ettolitri la produzione media annuale del Tortonese.
Inoltre, è molto dettagliata la lista dei vitigni presenti in tale area. Viene citato il Prof. Riccardo De Polo al quale è attribuita la seguente schematizzazione: “Ad occidente è il vitigno Cortese che predomina; ad oriente il Timorasso; vanno però estendendosi il Trebbiano, la Citronina e il Riesling italico. Fra i vitigni ad uva nera predomina il Dolcetto che localmente
erroneamente chiamasi Nebbiolo, poi il Moretto o Croetto, e quindi i soliti Barbera, Freisa, Cellerina, ecc. Buone uve da tavola si hanno a Volpedo (la Luglienga)”. Interessante appare poi la nota relativa alle uve bianche che “raramente si vinificano a fondo in fusti; vanno quasi tutte esportate, specie in Francia e Germania: generalmente si ammostano e si vendono come torbolini dopo cioè una fermentazione di 12-24 ore”.
Dagli anni Settanta un’evoluzione costante
Il cammino dell’identità e qualificazione è iniziato negli anni Settanta del Novecento, a seguito della legge sulle denominazioni di origine (930/63). Colli Tortonesi è la denominazione di origine varata dal DPR 9 ottobre 1973, apparso sulla Gazzetta Ufficiale del 13 marzo 1974.
Nel disciplinare di produzione sono due le tipologie riconosciute: Colli Tortonesi Barbera e Colli Tortonesi Cortese. In quella fase, vengono sanciti come meritevoli di Doc solo i vini a base di Cortese e Barbera, tralasciando le altre varietà che continuavano ad allignare su questi colli. Il vino Barbera poteva essere anche Superiore e il Cortese disponeva della tipologia Spumante. Già allora la denominazione era una sola (Colli Tortonesi) e poneva al primo posto il riferimento di origine rispetto al vitigno.
La grande trasformazione si è avviata nel 2005 con il Decreto 27 settembre che ha notevolmente ampliati gli abbinamenti varietali e le tipologie.
Grazie a successive integrazioni intervenute nel 2007, 2011, 2013 e 2014 si è arrivati alla situazione attuale.
Oltre alle tipologie cromatiche (rosso, rosato e bianco), la trama della Doc Colli Tortonesi fa riferimento a vari vitigni. Per i vini rossi, Barbera, Dolcetto, Croatina e Freisa; per i bianchi, Cortese, Favorita, Timorasso e Moscato. Numerosi di questi abbinamenti varietali dispongono di più tipologie (fermo, frizzante, spumante, novello, superiore, riserva). Questo moltiplica in modo elevato le tipologie, creando purtroppo un’ampia segmentazione della denominazione.
Due sono le Sottozone riconosciute: Monleale e Terre di Libarna. Una terza – Derthona – è in fase di riconoscimento. Le tipologie con l’abbinamento di vitigno prevedono una presenza della varietà citata non inferiore all’85% (Barbera, Dolcetto, Croatina, Favorita e Freisa), mentre nel caso di Timorasso e Cortese la percentuale minima sale al 95% e per il Moscato al 100%.
Un elemento interessante è la zona di origine delle uve: inizialmente erano 30 i comuni coinvolti ed erano concentrati nelle valli Ossona, Curone e Grue; la modifica del 2005 ha aggiunto anche la Val Borbera, che ha portato in dote altri 27 paesi.
La resa per ettaro varia dagli 8.000 chilogrammi per la Barbera Superiore, il Timorasso e il Timorasso Riserva, ai 9.000 delle tipologie Barbera e Barbera Riserva, Dolcetto, Croatina e Croatina Riserva, Freisa, Novello e Dolcetto Novello, ai 10.000 delle varie tipologie di Cortese e della Favorita e, infine, ai 12.000 delle tipologie legate al colore del vino.
Per alcune tipologie è possibile la presenza della menzione “Vigna” unita al toponimo o al riferimento tradizionale. In tali casi, si riducono le rese massime a ettaro: 7.000 chili per Barbera Superiore, 7.200 per Timorasso e Timorasso Riserva, 8.000 per Barbera, Barbera Riserva, Dolcetto, Croatina e Croatina Riserva e 9.000 per Cortese, Cortese Riserva, Favorita e Freisa.
Il rendimento massimo uva-vino è fissato nel 70%, a eccezione delle tipologie Croatina e Croatina Riserva, Timorasso e Timorasso Riserva per le quali il limite è del 65%.
Terminiamo la carrellata con la maturazione obbligatoria: il Colli Tortonesi Barbera Superiore deve maturare almeno 13 mesi, di cui 6 in legno, dal 1° novembre dopo la raccolta
delle uve. Il periodo si riduce a 10 mesi con il medesimo calcolo per il Colli Tortonesi Timorasso. Periodi più lunghi sono attribuiti a Colli Tortonesi Barbera Riserva e Colli Tortonesi Croatina Riserva (24 mesi), Colli Tortonesi Timorasso Riserva (21 mesi) e Colli Tortonesi Cortese Riserva (12 mesi).
Monleale e terre di Libarna
Il progetto delle Sottozone ha visto la luce nel 2005. Il loro inserimento si è rivelato molto strategico visto che è stato concepito dal settore produttivo per legare in modo forte i nomi dei vini ai ferimenti di origine e limitando al massimo quello del vitigno.
Come ben sappiamo, il riferimento di origine è di esclusiva pertinenza del singolo settore produttivo, mentre il legame tra vino e vitigno crea molte connessioni, almeno a livello regionale, stabilendo dei parallelismi tra le denominazioni che rischiano di favorire i paragoni e, spesso, orientare il consumatore al prodotto dal costo inferiore. A livello identitario, poi, diventa più arduo in presenza del vitigno creare esclusività a favore del proprio vino per tutte le connessioni che si creano con i prodotti che hanno lo stesso riferimento varietale.
A proposito dei Colli Tortonesi dobbiamo ragionare su tre Sottozone: Monleale, Terre di Libarna e Derthona.
Monleale è costituita come territorio dai trenta comuni che nel 1973 formavano la zona di origine dei Colli Tortonesi ed è riferita al vitigno Barbera. Le regole produttive sono più restrittive rispetto alla Doc di base: in vigneto i ceppi a ettaro devono essere almeno 4.000, la produzione a ettaro non deve superare i 7.200 chilogrammi e la resa uva-vino è del 70% (5.040 litri, pari a 6.720 bottiglie).
In cantina, il vino deve maturare almeno 20 mesi (6 dei quali in legno) dal 1° novembre dopo la raccolta delle uve.
Terre di Libarna fa riferimento preferenziale (ma non esclusivo) al vitigno Timorasso e raccoglie come zona di origine 14 paesi della Val Borbera: Vignole Borbera, Borghetto di Borbera, Rocchetta Ligure, Cantalupo Ligure, Roccaforte Ligure, Cabella Ligure, Albera Ligure, Mongiardino Ligure, Grondona, Stazzano, Carrega Ligure, Dernice per intero e il comune di Arquata Scrivia per la parte posta alla destra del fiume Scrivia.
Quattro sono le sue tipologie: Timorasso, Bianco, Rosso e Spumante. Nel caso del Timorasso, la presenza minima del vitigno è del 95%. La stessa varietà almeno al 60% compone la base varietale delle tipologie Bianco e Spumante, mentre per il Rosso il vitigno protagonista è il Barbera (almeno il 60%).
Le rese a ettaro sono così stabilite: Timorasso, 8.000 chilogrammi, Bianco, Rosso e Spumante, 10.000 chili. Il periodo di maturazione è fissato solo per la tipologia Timorasso, che può essere immessa al consumo al 1° settembre dopo la vendemmia. Se tale periodo si prolunga fino a 21 mesi dal 1° novembre dopo la vendemmia, il vino può fregiarsi della menzione Riserva.
Una regola oltremodo restrittiva prevede che tutte le operazioni di vinificazione, comprese spumantizzazione, invecchiamento e imbottigliamento, siano effettuate nella Sottozona.
La segmentazione dei Colli Tortonesi in queste due Sottozone è dettata anche da differenti caratteristiche ambientali (pedologiche e climatiche). Seppure l’origine geologica dell’intera area appartenga all’Era Terziaria come gran parte del substrato viticolo piemontese, la Sottozona Monleale (Valli Ossona, Curone e Grue) dispone di suoli calcareo-argillosi e di un clima continentale con apporti termici maggiori rispetto al resto dei Colli. Terre di Libarna e la Val Borbera più in generale presentano terreni più calcarei, le “terre bianche” più magre e scheletriche, accompagnate da un clima più fresco, che fissa la maturazione dei grappoli almeno una decina di giorni dopo la Sottozona Monleale.
Questa situazione ambientale giustifica anche la presenza della tipologia Spumante nella Sottozona Terre di Libarna, sia con il Metodo Martinotti che con il Classico: le condizioni climatiche e pedologiche di tale area e più in generale della Val Borbera aiutano un settore spumantistico che sta muovendo i primi passi, ma che in futuro potrebbe creare prodotti interessanti sia in qualità che in quantità. Ricordiamo che esiste anche la tipologia Spumante nel Colli Tortonesi Cortese, ma è dettata più da una reminiscenza del recente passato che da una concreta esigenza del settore.
Il progetto Derthona
“Derthona” è l’antica denominazione romana di Tortona e in futuro caratterizzerà la produzione del Timorasso in alternativa o aggiunta alle tipologie già riconosciute. Attualmente Derthona è un marchio a disposizione del Consorzio Vini Colli Tortonesi e per suo tramite è concesso ai vari produttori. Ma la pratica di riconoscimento di Derthona come Sottozona è già in Regione Piemonte e attende di essere trasferita al Ministero dell’Agricoltura per l’iter di riconoscimento.
A livello progettuale, la Sottozona Derthona propone tre tipologie in una scala discendente quanto a rigorosità di produzione e rilevanza del vino: alla punta dell’ipotetica piramide qualitativa c’è il Derthona Riserva, con una resa massima a ettaro di 7.500 chilogrammi di uva e un periodo di maturazione che dovrebbe avviare il vino al mercato a marzo del terzo anno dopo la vendemmia.
Segue la tipologia Derthona senza altra specificazione, che avrebbe la medesima resa a ettaro, ma un periodo di maturazione più contenuto per immetterlo al consumo il 1° settembre dell’anno successivo alla vendemmia. Infine, al livello più basso è previsto il “Piccolo Derthona”, il vero vino di entrata: la resa a ettaro è di 9.000 chili e può avviarsi al mercato il 1° marzo dopo la vendemmia.
Tra le restrizioni produttive due meritano una sottolineatura: l’esclusione dei superi nella resa in vigneto e la determinazione comune per comune dell’altitudine minima per l’impianto di una vigna a Timorasso per Derthona. Questo in relazione alla particolare variabilità nella conformazione collinare che consiglia di non fissare un’altitudine minima valida per l’intero territorio.
I dati economici e il mercato
I produttori che fanno capo al Consorzio oggi sono 65 e rappresentano circa il 98% della denominazione. A tale proposito, negli ultimi anni si è verificato un fenomeno di grande interesse, l’arrivo di firme importanti dalle Langhe e dal Monferrato per acquisire vigneti, soprattutto di Timorasso, e includere nella loro gamma un vino bianco di tale evocazione. Il fenomeno ha raccolto il consenso dell’intera filiera produttiva, che vede in questo la legittimazione qualitativa e di immagine dei Colli Tortonesi.
Venendo ai dati della superficie vitata e della produzione, ricordiamo che i valori indicati per l’inizio del Novecento non sono più tornati, nemmeno con l’arrivo della Doc all’inizio degli anni Settanta.
La prima conferma ci viene dai valori produttivi del 1976: la superficie vitata privilegiava gli impianti di Barbera (690 ettari) rispetto a quelli di Cortese (38 ettari). E così la produzione effettiva: 2.189.000 bottiglie per il Colli Tortonesi Barbera e 152.000 bottiglie per il Cortese.
Una quindicina di anni dopo, nel 1990, i valori vitati erano ancora in crescita, con la Barbera arrivata a 939 ettari e il Cortese a 125. Alterno era invece l’andamento delle produzioni: Barbera 1,685.000 bottiglie e Cortese 677.000 pezzi.
Nel 2005, anno della grande ristrutturazione della denominazione, i vigneti di Barbera nelle varie tipologie occupavano poco più di 870 ettari e quelli di Cortese quasi 165 ettari, mentre le altre tipologie rivelavano valori molto bassi: apprezzabili solo quelli del Colli Tortonesi Dolcetto (60 ettari) e del Timorasso (11 ettari). Anche le rivendicazioni dei vari vini risultavano inferiori alla potenzialità.
Venendo all’attualità, va detto che fino al 2018 il patrimonio viticolo di quest’area si è via via impoverito, perdendo vigneti e produzione di vino. Dal 2019, si è vista l’inversione di tendenza. Oggi, i vigneti presenti sui Coli Tortonesi si aggirano sui 1.200 ettari, con una prevalenza degli impianti di Barbera (circa 600 ettari), seguiti da quelli di Timorasso (circa 220 ettari). A proposito di questi ultimi, il grande sviluppo che si è accentuato negli ultimi anni ha consigliato di introdurre il sistema di gestione dei nuovi impianti, con un piano che prevede il tetto massimo di 100 ettari tra il 2020 e il 2022. Questo meccanismo dovrebbe consentire il graduale sviluppo del potenziale viticolo, evitando le conseguenze negative sia del blocco degli impianti sia della loro liberalizzazione.
Per finire, alcune note relative al mercato. La denominazione Colli Tortonesi evidenzia un mercato prettamente regionale e nazionale. Tuttavia, le tipologie più ricercate di Barbera e Timorasso rivelano una buona propensione all’esportazione e così pure le due Sottozone già operanti e il marchio Derthona.
Infine, le tipologie legate alla Barbera e al Cortese mantengono anche una buona domanda sul mercato sfuso, che orienta spesso questi vini alle specifiche tipologie della Doc Piemonte.
Se volessimo oggi ipotizzare una segmentazione del mercato dei vini Colli Tortonesi in bottiglia, potremmo ipotizzare che il 30-35% prenda la via dell’export, mentre il resto rimanga sul mercato domestico, sia locale che nazionale.