Ispirato alla forma di due labbra protese, il bacio di dama è il simbolo dell’incontro tra cioccolato, mandorle o nocciola, ma le varianti sono molte. Come le disfide sulle origini.
Nel 1940 il poliedrico cantante e attore Alberto Rabagliati incideva un brano destinato a essere tradotto addirittura negli Stati Uniti, trainato da un ritornello che tutti conosciamo, quel Ba Ba Baciami piccina, dal ritmo swing. Alberto Rabagliati era originario di Casorzo, dove i baci (però con le nocciole, le cialde di amaretto e la ganache di ricotta o mascarpone, cacao e grappa) sono un’istituzione. Stranezze della storia per un dolce che rappresenta l’immagine della pasticceria piemontese nel mondo e contemporaneamente appare divisivo al punto che la diatriba sulla sua origine tra Novi Ligure, Tortona e Torino è andata avanti per decenni.
La prima tappa di questa lunga contesa prende avvio da Torino. Secondo la vulgata più diffusa i baci di dama sarebbero nati alla corte dei Savoia. A suffragare questa tesi l’assonanza del nome con il francesismo Madama tanto caro alla prima capitale del Regno. Oltre a questo, però, non ci sono altri documenti a suffragare l’ipotesi.
No, la storia dei baci di dama inizia più a sud, tra Novi Ligure e Tortona, dove i baci sono un vero e proprio patrimonio delle pasticcerie locali.
Tortona o Novi?
Qui la seconda e più accesa diatriba perché entrambe le città rivendicano (come accade per altri prodotti mitici, dal Montebore alla pedalata dell’Airone Fausto Coppi) la primogenitura.
Nella Guida Touring del 1931, considerata il primo catalogo di tipicità italiane, si parla di baci esclusivamente a Novi Ligure. La guida li descrive così: “specialità locale con mandorle, burro, zucchero, uova e farina profumati alla vaniglia”. Non se ne trova traccia a Tortona dove invece vengono nominati gli ormai estinti giarolin. Questo basterebbe a mettere un punto se non ci fosse il lavoro scrupoloso di uno storico locale, il dottor Carlo Sterpone, che dopo decenni di ricerche è riuscito a dimostrare che i baci di dama furono depositati come marchio dai fratelli pasticcieri Angelo e Secondo Zanotti nel 1890, in quel di Tortona.
Fine della storia, quindi? Non proprio perché negli anni Trenta questo oligopolio tortonese del bacio vacilla, la protezione del marchio perde forza e quel prodotto – bacio di dama – diventa un patrimonio collettivo della pasticceria, non solo piemontese, ma italiana. Come bacio di dama per l’appunto o come bacio nelle sue mille varianti.
Tutte le forme del bacio
Mandorle o nocciola? Su questi ingredienti si giocano buona parte delle versioni che nella metà del Novecento si sono moltiplicate.
Sempre nell’alessandrino, oltre ai baci di dama sponda Novi, si registrano i Baci di Crea e quelli alessandrini di Gallina dal nome dell’omonima pasticceria che inserisce nell’impasto il cacao. A Nizza Monferrato, nell’ultimo decennio, è nato il Bacio di Nizza Monferrato con due cialde di nocciola Tonda Gentile e una ganache di crema alla Barbera. In Langa il bacio di dama è diffuso pressoché ovunque, ma domina la versione delle cialde con la farina di nocciola Tonda Gentile e spesso a produrli sono le stesse aziende agricole proprietarie dei noccioleti.
Attenzione invece ai “falsi amici” che si chiamano “baci” ma sono molto diversi dal prototipo tortonese: pensiamo ai baci di Cherasco che sono in realtà dei veri e propri (e squisiti) cioccolatini, quindi i baci di Dronero con nocciola Piemonte e ricoperti di cioccolato fondente, i Baci di Neive e di Castagnito al Moscato e al Barbaresco.
Nel Torinese, oltre ai baci di dama di Torino – quelli sì, con il connubio mandorle e cioccolato – si annoverano i Baci di Bersezio, farciti con crema di marron glacé, quindi i Baci di Bardonecchia e quelli di Sauze. Sempre a nord della regione registriamo i Baci del Gran Paradiso che sono però cioccolatini ripieni a base di genepy oppure di erbe alpine al pari dei Baci di Ivrea.
In Valle d’Aosta ritroviamo il modello cialda e ganache nei baci di Cogne, dove a dominare la scena sono però cioccolato e nocciole, e nei baci di Nus (nomen omen) dove fanno la loro comparsa le noci.
Scendendo al mare, impossibile non nominare il celebre Bacio di Alassio, di forma ovale con un gusto esaltato dalla presenza di nocciola e cioccolato anche nelle cialde. Seguendo l’Appennino arriviamo al Bacione tipico di Firenze, un guscio di pasta frolla con un ripieno di gianduia amaro e granella di nocciole. Anche Assisi ha un suo bacio però molto più simile a un amaretto, con pasta di mandorle noci e nocciole.
Seguendo invece da Tortona l’asse in direzione Lombardia, il sentiero dei baci non si interrompe: ci sono i baci di dama di Torricella, i baci di Voghera e quelli di Pavia, che sono molto simili al prototipo tortonese, mentre a Verona non potevano mancare i Baci di Romeo e di Giulietta, che, come nella versione tortonese, sono piccoli biscotti con mandorle e nocciole uniti da una ganache di cioccolato.
E se Leonardo…
Chiudiamo con una suggestione: nel celebre banchetto di Leonardo allestito a Tortona nel 1480 tra le portate compaiono dei dolcetti di mandorla. Pochi decenni più tardi fanno la loro comparsa in Francia dei dolcetti di mandorla, di origine italiana (vengono infatti attribuiti alla corte di Caterina de Medici) che vengono considerati antesignani dei macarons. Questi ultimi schematicamente possono essere descritti come due dischi di farina di mandorle uniti da una crema. Come i nostri baci. E se Leonardo, oltre alla Gioconda, avesse portato in Francia anche qualche altra dama?