Nati nel 1878, i Krumiri sono diventati un’icona di Casale Monferrato, perfetto esempio di come la storia possa incontrare il food design.
Pasticceria secca? Biscotti tipici? No o, almeno, non solo. I Krumiri sono molto di più. Sono un perfetto esempio di food design e di storytelling, accompagnati in alcuni casi da un packaging parlante. Potremmo scrivere dei Krumiri come di un prodotto appena creato da un geniale pasticcere che ha saputo esportarli nel mondo. Oppure come di un biscotto capace di figurare accanto ai più celebri formati di pasta nelle esposizioni e nei libri di food design pubblicati in tutto il mondo. In ogni caso non sbaglieremmo perché i Krumiri sono estremamente contemporanei. Però, così facendo, ci perderemmo qualcosa di altrettanto fondamentale per gustarli al meglio: la loro storia che è anche efficace storytelling capace di farne un mito di marketing territoriale che li rende icona di una città, Casale Monferra to e di un’intera regione, il Piemonte.
I Krumiri sono enigmatici fin dal nome che non ha nulla a che vedere con il mondo del dolce. Pare infatti che derivi dalla tribù tunisina dei Khumir contro cui combatterono i Francesi per poi porre la Reggenza sullo stato africano. Una provocazione del loro inventore? Un riferimento all’esotismo imperante alla fine dell’Ottocento quando molti Paesi Europei erano impegnati nelle conquiste coloniali? L’iconografia dell’epoca infarcita di immagini proveniente dalle colonie potrebbe farci propendere per quest’ultima tesi. O forse – ipotizza lo storico Pier Felice degli Uberti – il loro ideatore si era semplicemente ispirato a un aperitivo, chiamato Krumiro, che a fine Ottocento andava per la maggiore nel Bottegone, il più importante caffè di Casale Monferrato.
Lo stesso nome, crumiro, è stato poi successivamente affibbiato in maniera dispregiativa ai lavoratori che rifiutavano di unirsi agli scioperi e in generale è diventato sinonimo di persona poco collaborativa. Un’accezione negativa che però non ha scalfito il successo di questo biscotto. Anzi, è diventato identificativo, nobilitante, buono. Così il Krumiro dolce ha cambiato la storia di questo nome in apparenza “sbagliato” e non il contrario.
Una storia di pasticceri e orgoglio territoriale
Ma chi ha creato i Krumiri? Su questo non ci sono dubbi. Il papà del biscotto dolce di Casale Monferrato fu Domenico Rossi che, si dice, sia stato ispirato alla loro creazione dopo una serata passata con gli amici. Qui la storia sconfina però nella leggenda: il presunto colpo di genio fu probabilmente il risultato di una lunga serie di prove, esperimenti, cotture giuste e sbagliate per arrivare a creare un biscotto perfetto tanto per un tè con la Regina d’Inghilterra quanto per accompagnare un Bicerin in un caffè di Torino. I Krumiri però sono anche frutto di una koinè, una comunità del dolce che in quel momento si stava creando nel Basso Piemonte, favorita da un pubblico adeguato: una borghesia industriale sempre più importante accanto a una nutrita schiera di ufficiali e nobili che negli stessi anni erano di stanza nelle Cittadelle militari gemelle di Alessandria e Casale.
La data ufficiale di creazione è il 1878 anno che vede la nascita anche della celebre Torta Paradiso nella vicina Pavia. Segno del destino?

Un successo inarrestabile
Nel 1884 l’Esposizione di Torino, nel 1885 il brevetto firmato dal Duca d’Aosta, quindi quello dei Duchi di Genova e, nel 1891, il diploma della Real Casa: i Krumiri hanno un successo incredibile, sancito anche in patria da una massiccia (ri)produzione. Quasi tutte le pasticcerie casalesi, una dopo l’altra, creano dei propri Krumiri fino ad arrivare al 1965 con il lancio del Krumiro anche da parte di una delle principali aziende dolciarie nazionali, la Bistefani. Il nome indissolubilmente legato a Casale innesca un vero e proprio fenomeno di marketing territoriale: la capitale del Monferrato a metà Novecento è anche la “città del Krumiro”.
Nel frattempo però anche la storia del primo Krumiro, quello di Domenico Rossi, va avanti. La ricetta si tramanda tra le famiglie che diventano via via proprietarie dell’attività: gli Ariotti dopo i Rossi e quindi, nel 1953, i Portinaro che ne sono tuttora alla guida. A questi ultimi si deve anche l’iconica scatola rossa dei Krumiri Rossi (nomen omen) che è arrivata anche sulla scrivania di Re, Presidenti e Premi Nobel o più semplicemente che si usa regalare da oltre un secolo agli amici e agli ospiti sicuri di fare un’ottima figura. Un biscotto che ha saputo conciliare la fortuna di una pasticceria con quella di un intero territorio. Una curiosità: anche in Francia, nel 1895, un pasticcere, Auguste Redon, creò dei dolcetti di pasta di mandorle di Confolens che chiamò Kroumirs perché – pare – ispirati alla pasticceria orientale. Una coincidenza o il ricordo di qualche souvenir dolce dal Piemonte?
Il 1878 fu segnato dalla scomparsa di Vittorio Emanuele II, primo Re d’Italia, entrato nell’immaginario collettivo anche grazie ai suoi vistosi baffi a manubrio. Una forma iconica che Domenico Rossi ebbe l’idea geniale di utilizzare per contrassegnare il proprio biscotto come omaggio per il sovrano.
Da qui la forma a manubrio, arricchita dalle striature create durante il processo di estrusione. Il Krumiro così è diventato il biscotto a forma dei baffi del Re. Tanto buono “da leccarsi i baffi”, sembrerebbe quasi suggerire, con una consistenza perfetta per catturare tanto una cioccolata calda quanto uno zabajone, i must dolci del Piemonte. Immediato, riconoscibile, perfetto per accompagnare le principali creme, unico: insomma un perfetto esempio di food design, ma anche di delizia pasticcera.
Questo articolo si trova nel terzo numero di Barolo & Co. pubblicato il 21 settembre 2023.
















